Omelia di Domenica 26 Gennaio 2020 - III Domenica del Tempo ordinario, Anno A

Questa mattina ci aiutano a capire il Vangelo appena ascoltato 4 pescatori. Non 4 teologi, non 4 vescovi, non 4 premi nobel, ma 4 pescatori, più precisamente 2 coppie di fratelli: Pietro e Andrea, Giacomo e Giovanni. Abitavano a Cafarnao, una località della Palestina, che dava su un lago. Molti degli abitanti facevano i pescatori. Bè, un bel giorno, proprio mentre questi 4 fratelli pescano, si avvicina a loro Gesù di Nazareth, s’intrattiene con loro e a un certo punto fa loro una proposta davvero inattesa: ‘perché non vi mettete in società con me nella diffusione del Vangelo?’ Testualmente disse: Passerete da pescatori di pesci a pescatori di uomini. Quelli si guardano in faccia stupiti, il Vangelo non lo dice ma si saran presi una pausa di riflessione, dopo di che vanno da Gesù a dirgli: accettiamo! Dice il testo: lasciarono le reti e lo seguirono. E cosa accadde? Che la loro vita cambiò totalmente, in positivo s’intende. Sapete chi è chi ci ama davvero? Chi ci aiuta a diventare il meglio che possiamo diventare. Gesù fece così con quei 4 pescatori di Galilea: non lasciandoli pescatori, ma rendendoli pescatori di uomini, li portò al meglio che potevano essere.

Omelia di Domenica 19 Gennaio 2020 - II Domenica del Tempo ordinario, Anno A

Vi parrà strano, ma questa mattina veniamo aiutati a comprendere la Parola di Dio da 2 animali, 2 animali gradevoli: l’agnello e la colomba. Nel Vangelo che abbiamo ascoltato, l’agnello di cui si parla fa riferimento a Gesù (Ecco l'agnello di Dio che toglie il peccato del mondo), mentre la colomba fa riferimento allo Spirito Santo (Ho contemplato lo Spirito Santo discendere come una colomba dal cielo e rimanere su Gesù). Ora, se per indicare Gesù e lo Spirito Santo, la sacra scrittura, tra i tanti animali, sceglie questi due, una ragione c’è e noi adesso cercheremo di scoprirla.

Omelia di Domenica 12 Gennaio 2020 - Battesimo del Signore, Anno A

Questa mattina vi parlo di figli e lo faccio lasciandomi ispirare dalla frase centrale del Vangelo che abbiamo ascoltato: Questi è il Figlio mio, l’amato, in lui ho posto il mio compiacimento.
Mi soffermo su 2 parole: figlio amato.
1) Parto da quest’ultima, amato. Amato, non amante. Com’è importante nella vita sentirsi amati! Chiedo: abbiamo tutti qualcuno a cui importa di noi? Sentirsi amati è la condizione perché tutto proceda bene. Se ti senti rifiutato sei in un modo, se ti senti amato, sei un altro. Sentirsi amati è come una sorgente, con o senza la quale la vita prende una piega o un’altra. La cosa più grande che può trasmettere un educatore è far sentire la persona amata. L’amore è l’unica cosa che distribuendola non diminuisce. La più grande eredità che un genitore può lasciare al figlio è il ricordo del suo amore, tutto il resto è secondario.

Omelia di Domenica 5 Gennaio 2020 - II Domenica dopo Natale, Anno A

Ho notato che una delle parole più ricorrenti nel Vangelo di questa prima domenica di gennaio è luce, con chiaro riferimento a Gesù. Se andiamo a leggere altre pagine del Vangelo scopriamo non solo che il tema della luce torna e ritorna spesso ma che Gesù oltre a definire se stesso luce del mondo, pure di noi cristiani disse: voi siete la luce del mondo. Era sul monte delle beatitudini quando parlò così.
> Immagino l’obiezione di qualcuno: Ma che luce mai io posso essere? La mia vita è più buia che luminosa. No, non bisogna ragionare così. Nessuno ha troppi difetti, nessuno è troppo ferito da non riuscire a offrire qualcosa di buono. Siamo tutti guaritori feriti. Siamo tutti peccatori perdonati. Anch’io che vi parlo ho difetti e colpe - e chi mi conosce lo sa bene - ma non per questo mi è impossibile dire una parola che sia luce per qualcuno. E come è di me, così è di ciascuno.

Omelia di Mercoledì 01 Gennaio 2020 - Maria SS.ma Madre di Dio

Vi benedica il Signore e vi custodisca. Il Signore faccia risplendere su di voi il suo volto e vi faccia grazia. Il Signore rivolga a voi il suo volto e vi conceda pace. Queste belle parole sono gli auguri di Mosè a nome di Dio che abbiamo sentito nella 1^ lettura della Messa. Gli auguri, fateci caso, sono sempre parole proiettate sul futuro. Se ti auguro qualcosa è perché auspico per te un futuro bello. Fare gli auguri sottintende che alla domanda: val la pena vivere? la risposta sia . Queste parole di Mosè dunque sono auguri benedicenti, auguri di una vita buona e bella. Ho fatto una cosa: ho provato a mettermi nei panni di Mosè e, riascoltando i suoi auguri, ho provato a tradurli per noi con un linguaggio più attuale. Sono scaturiti 6 auguri che il Mosè di oggi, ci rivolgerebbe.

Omelia di Domenica 29 Dicembre 2019 - Santa Famiglia, Anno A

Il presepio è sostanzialmente un quadretto familiare: c’è un papà (Giuseppe), una mamma (Maria) e un bimbo (Gesù). E’ questa la ragione che ha indotto la Chiesa a collocare vicino al Natale la festa della famiglia di Nazareth. Il Vangelo ci ha narrato quell’episodio che vide tutti e 3 - Maria. Giuseppe e Gesù - fare l’esperienza dell’essere profughi in Egitto. Pensate, pure la santa famiglia, al pari dei tanti profughi e migranti del nostro tempo, fece l’esperienza della fuga dalle proprie terre e del dovere migrare per trovare in luogo dove abitare. Questa è dunque una domenica, che ci invita a riflettere sul valore della famiglia, a partire dalla famiglia più speciale della storia, quella di Gesù. Parto con 2 domande.

Omelia nel giorno di Natale

Se a tutti noi fosse bastato il Natale dei negozi, non saremmo qui a Messa, saremmo rimasti là dove sono i regali. Il vero Natale invece lo si celebra come stiamo facendo noi adesso e come sta facendo in questo momento tutto il popolo cristiano, sparso in ogni angolo della terra. Il vero Natale è la celebrazione del più bel gesto di Dio verso l’umanità, il dono del suo figlio Gesù. Gesù dunque è venuto, ma è stato accolto? A questa domanda ho risposto la lettura del Vangelo: Venne fra i suoi, e i suoi non lo hanno accolto. A quanti però lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio. Il Natale è una storia di accoglienza. Ogni nascita è un’accoglienza. Noi tutti siamo vivi grazie all’accoglienza di una madre che ci ha offerto il suo grembo e che ci ha curato quando, neonati, non sapevamo che piangere. Una storia di accoglienza è anche il matrimonio: Io accolgo te, dicono i due sposi. Potrei dire: accogliere = voce del verbo vivere. Lo dicevo questa notte: Noi siamo quel che siamo, in base ad un’infanzia di amore o di rifiuto che abbiamo avuto.

Omelia del 24 dicembre 2019 - Messa di mezzanotte

Nella vita di S. Antonio abate si racconta che il santo, ormai prossimo alla morte, chiamò vicino a sé 2 suoi discepoli e tra le diverse cose, disse loro: Respirate sempre Cristo. Voi direte: che c’entrano queste parole con la notte di Natale che stiamo vivendo? C’entrano, credetemi. Riflettiamo un attimo: una delle cose più inseparabili da noi è il respiro, al punto che a non respirare più, si muore. Vivere è respirare e se si vive è perché si respira. Bene, l’ingresso del Figlio di Dio nel mondo lo portò a rimanere inseparabilmente unito a noi, proprio come inseparabile da noi è il respiro. Il Natale è Gesù venuto tra noi per non separarsi più da noi. Tra poco la liturgia ci farà sentire le parole per Cristo, con Cristo e in Cristo: sono parole dal sapore natalizio, perché? Perché Gesù è venuto per aiutarci ad essere per Lui, con Lui e in Lui e Lui a sua volta per noi, con noi e in noi. Quindi, l’immagine del respiro di S. Antonio non solo non è fuori luogo, è illuminante Gesù è interno a noi come interno a noi è il respiro e, come il respiro, ci mantiene vivi, ispirati e motivati. Uno dei titoli natalizi di Gesù è Emmanuele, nome che alla lettera vuol dire Dio con noi.

Omelia di Domenica 22 dicembre 2019 - IV Domenica di Avvento

Di Giuseppe, il padre di Gesù, il Vangelo parla pochissimo e anche là dove ne parla, egli non dice una parola (v. il brano che abbiamo appena ascoltato). E però il nostro brano dice una cosa di lui sulla quale vorrei riflettere con voi questa mattina: era un uomo giusto, così dice il testo. Mi son chiesto: essere giusti alla maniera di Giuseppe cosa vuol dire? Giuseppe era un giusto prima di tutto e principalmente verso Dio. E quando si è giusti con Dio si diviene giusti con tutti. Era molto sensibile a tutto ciò che si doveva a Dio, a tutto ciò che spettava a Dio. Per Giuseppe se c’era qualcosa da sottrarre, mai lo si doveva sottrarre dai propri doveri verso Dio. Il suo pensiero era questo: se Dio è Dio, va trattato da Dio, cioè da n°1, da riferimento primo e ultimo per tutto ciò che facciamo. Ecco allora alcune domande per noi: siamo giusti verso Dio? A Dio cosa diamo? Come diamo? Quanto con Lui stiamo? Se Gesù un giorno disse date a Dio quel che è di Dio, quanto del mio tempo, del mio pregare, del mio cuore, delle mie azioni è per Lui?

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