Omelia di Domenica 26 Gennaio 2020 - III Domenica del Tempo ordinario, Anno A

Questa mattina ci aiutano a capire il Vangelo appena ascoltato 4 pescatori. Non 4 teologi, non 4 vescovi, non 4 premi nobel, ma 4 pescatori, più precisamente 2 coppie di fratelli: Pietro e Andrea, Giacomo e Giovanni. Abitavano a Cafarnao, una località della Palestina, che dava su un lago. Molti degli abitanti facevano i pescatori. Bè, un bel giorno, proprio mentre questi 4 fratelli pescano, si avvicina a loro Gesù di Nazareth, s’intrattiene con loro e a un certo punto fa loro una proposta davvero inattesa: ‘perché non vi mettete in società con me nella diffusione del Vangelo?’ Testualmente disse: Passerete da pescatori di pesci a pescatori di uomini. Quelli si guardano in faccia stupiti, il Vangelo non lo dice ma si saran presi una pausa di riflessione, dopo di che vanno da Gesù a dirgli: accettiamo! Dice il testo: lasciarono le reti e lo seguirono. E cosa accadde? Che la loro vita cambiò totalmente, in positivo s’intende. Sapete chi è chi ci ama davvero? Chi ci aiuta a diventare il meglio che possiamo diventare. Gesù fece così con quei 4 pescatori di Galilea: non lasciandoli pescatori, ma rendendoli pescatori di uomini, li portò al meglio che potevano essere.

Il tempo di Natale qui in Albania è iniziato con il tradizionale concerto organizzato dalla Caritas diocesana nella cattedrale di Vau-Dejës. Si è esibito il coro polifonico di Scutari “Prenke Jakova” che ha eseguito brani di musica sacra di diversi autori, sia albanesi che stranieri, accompagnato dall’orchestra. Ai brani musicali sono state alternate letture tratte dai versi di Gjergj Fishta e dalle parole di Madre Teresa. L’evento, che ha visto anche la partecipazione del nunzio apostolico Charles John Brown, ha riempito la cattedrale di fedeli e ha permesso di trasmettere valori come il senso del Natale e la carità attraverso un’iniziativa culturale, insolita qui in Albania.

 

 

Carissimi, riceviamo e diffondiamo la locandina di una serata

La questione ambientale interroga i nostri stili di di vita?

che la Caritas organizza, sabato 25 gennaio alle ore 21 presso l’Oratorio don Bosco di Montecchio Emilia, via Franchini 43.
Verrà proiettato il docu-film “Deforestazione MADE IN ITALY”, interverrà don Luca Grassi, missionario in Brasile.

L’ingresso è libero, non è necessaria la prenotazione.

sft Val d'Enza
La Segreteria

 

 

Omelia di Domenica 19 Gennaio 2020 - II Domenica del Tempo ordinario, Anno A

Vi parrà strano, ma questa mattina veniamo aiutati a comprendere la Parola di Dio da 2 animali, 2 animali gradevoli: l’agnello e la colomba. Nel Vangelo che abbiamo ascoltato, l’agnello di cui si parla fa riferimento a Gesù (Ecco l'agnello di Dio che toglie il peccato del mondo), mentre la colomba fa riferimento allo Spirito Santo (Ho contemplato lo Spirito Santo discendere come una colomba dal cielo e rimanere su Gesù). Ora, se per indicare Gesù e lo Spirito Santo, la sacra scrittura, tra i tanti animali, sceglie questi due, una ragione c’è e noi adesso cercheremo di scoprirla.

Omelia di Domenica 12 Gennaio 2020 - Battesimo del Signore, Anno A

Questa mattina vi parlo di figli e lo faccio lasciandomi ispirare dalla frase centrale del Vangelo che abbiamo ascoltato: Questi è il Figlio mio, l’amato, in lui ho posto il mio compiacimento.
Mi soffermo su 2 parole: figlio amato.
1) Parto da quest’ultima, amato. Amato, non amante. Com’è importante nella vita sentirsi amati! Chiedo: abbiamo tutti qualcuno a cui importa di noi? Sentirsi amati è la condizione perché tutto proceda bene. Se ti senti rifiutato sei in un modo, se ti senti amato, sei un altro. Sentirsi amati è come una sorgente, con o senza la quale la vita prende una piega o un’altra. La cosa più grande che può trasmettere un educatore è far sentire la persona amata. L’amore è l’unica cosa che distribuendola non diminuisce. La più grande eredità che un genitore può lasciare al figlio è il ricordo del suo amore, tutto il resto è secondario.

“Mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto. Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, perché per loro non c’era posto nell’alloggio” (Lc 2, 6-7)

La sera della vigilia, tornando dopo aver celebrato la messa a Karma, paese a circa un’ora di macchina da dove viviamo, abbiamo portato con noi un passeggero in più rispetto all’andata, ovvero la pisside con le ostie consacrate avanzate dalla messa. Quella presenza tra noi mi ha fatto capire che era veramente Natale, che il Signore era nato tra noi. In quel viaggio mi sono tornate in mente queste parole del Vangelo di Luca che ho riportato.

Ho pensato a Maria e Giuseppe, a quella nascita improvvisa, in una situazione di difficoltà, quando sembrava che anche il Signore si fosse dimenticato di loro. Anche noi abbiamo condiviso una situazione difficile, accanto alle persone che vivono nei villaggi di queste montagne che si stanno sempre più spopolando. Anche noi abbiamo ricevuto la visita del Signore in modo inaspettato, non mentre eravamo a tavola con i parenti o a scartare i regali, ma in viaggio su una strada sconnessa, al freddo, lontano da casa, nel buio totale della montagna albanese, mangiando qualche panino che ci eravamo portati, di fretta, sperando di riuscire a passare da casa per un caffè prima di dover partire per la messa successiva senza sapere di preciso dove fosse e stretti in una macchina stipata di tutto l’occorrente.

Il Signore ci ha trovati radunati per lui da lontano come quei magi. Don Dodo è venuto da Reggio con un dito rotto per celebrare le messe in quei piccoli paesi che altrimenti non avrebbero potuto vivere il Natale. Ci hanno accompagnato anche Gabriele di Bagnolo e Anton, seminarista della nostra diocesi di Sapa. Abbiamo cercato di curare le celebrazioni al meglio che potevamo, preparando le chiese nei giorni precedenti con suor Mariana e provando i canti tradizionali di Natale in albanese con suor Flora. Abbiamo messo al servizio del Signore i piccoli doni che possediamo: Gabriele ha accompagnato i canti con la chitarra, Anton ha fatto da traduttore e ha servito all’altare e Alessandro ha realizzato in pochi minuti il presepe nella chiesa di Karma Poshtë con quello che ha trovato, perché non eravamo riusciti a raggiungerla nei giorni precedenti.

Sono stati due giorni intensi, non c’è stato un attimo di tempo per riposarsi, ma ringrazio il Signore perché visitandoci in questo modo particolare ci ha permesso di vivere il Natale più vicino alla mangiatoia di Betlemme, tanto da sentirne il calore.

Paolo

 

Omelia di Domenica 5 Gennaio 2020 - II Domenica dopo Natale, Anno A

Ho notato che una delle parole più ricorrenti nel Vangelo di questa prima domenica di gennaio è luce, con chiaro riferimento a Gesù. Se andiamo a leggere altre pagine del Vangelo scopriamo non solo che il tema della luce torna e ritorna spesso ma che Gesù oltre a definire se stesso luce del mondo, pure di noi cristiani disse: voi siete la luce del mondo. Era sul monte delle beatitudini quando parlò così.
> Immagino l’obiezione di qualcuno: Ma che luce mai io posso essere? La mia vita è più buia che luminosa. No, non bisogna ragionare così. Nessuno ha troppi difetti, nessuno è troppo ferito da non riuscire a offrire qualcosa di buono. Siamo tutti guaritori feriti. Siamo tutti peccatori perdonati. Anch’io che vi parlo ho difetti e colpe - e chi mi conosce lo sa bene - ma non per questo mi è impossibile dire una parola che sia luce per qualcuno. E come è di me, così è di ciascuno.