Omelia di Domenica 8 giugno 2025 - Pentecoste, Anno C
All’inizio della Messa abbiamo pregato così: O Padre, che santifichi la tua Chiesa in ogni popolo e nazione, diffondi sino ai confini della terra i doni dello Spirito Santo. Sono parole che dicono che l’azione dello Spirito Santo è dappertutto, nessun angolo della terra escluso. E questo ci fa dire: il nostro è un Dio che ha cuore tutti e non alcuni soltanto. Una caratteristica di Dio è la sua universalità. Dio ha dei prediletti? Sì, tutti. La festa di Pentecoste che oggi celebriamo ci ricorda che di Dio nessuno ha l’esclusiva, né il monopolio.
In tanti anni che son prete, l’ho potuto toccare con mano: Dio è nel cuore di tutti, se non come presenza, almeno come nostalgia o come desiderio. Al fondo di tanti desideri ci sta, forse inconsapevolmente, il desiderio di Dio.
- Ora, stando così le cose, sorge una domanda: se Dio agisce in tutti e non solo in noi cristiani, come si colloca la nostra religione rispetto alle altre? Se Dio è nel contempo il Dio dei cristiani e il Dio di tutti, perché val la pena essere cristiani? Perché i missionari devono andare in ogni angolo della terra a far conoscere Gesù, quando semmai quei popoli hanno già una loro spiritualità e Dio, di certo, non li ama meno? Tempo fa un giovane m’ha provocato così: se tu don fossi nato a Teheran, saresti tutto mussulmano e tu da mussulmano diresti bene della tua religione esattamente come adesso da prete dici bene del cristianesimo. Tu da mussulmano diresti “La mia è la religione vera”, da prete cattolico invece dici: “E’ la cristiana la religione vera.” Voi, a questo giovane cosa avreste risposto?
Vi dico cosa dissi a quel giovane.
- Noi cristiani abbiamo avuto un grandissimo dono: aver conosciuto, apprezzato e incontrato Gesù. E diciamolo, non ci poteva accadere di meglio. E una volta incontrato Gesù, abbiamo fatto nostre le parole del beato Charles de Foucauld: Appena ho conosciuto e incontrato Gesù ho capito che non avrei potuto far altro che vivere solo per lui. E’ per questo che Gesù non lo barattiamo con nessun altra offerta religiosa. Attenti però: è proprio Gesù, che ci chiede di avere verso tutte le spiritualità rispetto e stima. Se la fede in Lui che abbiamo non è amore per tutti, fede non è. Se Dio nella sua libertà decide di parlare non solo dai microfoni delle nostre chiese, ma anche dalla voce di altre culture e di tante persone rette, anche non credenti, non solo non dobbiamo starci male, al contrario, dobbiamo gioirne. Calza qui a pennello una frase celebre di S. Tommaso d’Aquino: Ogni verità, da chiunque venga detta, viene dallo Spirito Santo.
- Nel tirare alcune conclusioni, segnalo tre parole importanti che dobbiamo saper tenere insieme: identità, umiltà e apertura.
> L’identità ci fa essere fieri del nostro essere cristiani e non ci fa barattare la nostra religione con nessun’altra.
> L’umiltà c’impedisce di sentirci superiori o giudicanti.
> L’apertura ci consente di cogliere la presenza di Dio anche in altre visioni della vita.
Credo che la giusta sintesi, e così concludo, sia questa: credenti in Gesù e innamorati di ogni uomo.