Omelia di Domenica 11 maggio 2025 - IV Domenica di Pasqua
Due riflessioni vi offro questa mattina: una prende spunto dal Vangelo, l’altra dalla giornata mondiale di preghiera per le vocazioni, che proprio oggi celebriamo.
* Parto dal Vangelo. “Io sono il buon pastore”, così ci ha detto Gesù. E’ un linguaggio simbolico che significa: noi cristiani siamo l’amato gregge di un pastore buono, che è Gesù. Dovremmo essere tutti pastori per capire fino in fondo la forza di questa immagine. Gli abitanti delle grandi città che solo per Tv o in illustrazioni vedono pecore, greggi e pastori, non sospettano minimamente il legame di intimità che c’è tra pastore e pecore.
Se passassimo alcuni mesi in compagnia di pastori, allora sì che intuiremmo meglio questo legame profondo. Capiremmo ad esempio che il pastore non è solo la guida delle pecore, ma colui che condivide integralmente la vita delle pecore, la sete e il caldo, l’incubo degli animali feroci e dei razziatori, le notti gelide e i giorni afosi, i lunghi itinerari e le soste snervanti. Gesù dunque, nel definirsi ‘pastore buono’, ci chiede di avere con lui un rapporto di amicizia e intimità. Risentiamo un passaggio del brano: “Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono. Io dò loro la vita eterna e non andranno perdute in eterno e nessuno le strapperà dalla mia mano. Il Padre mio, che me le ha date, è più grande di tutti e nessuno può strapparle dalla mano del Padre.” Notate l’espressione “nessuno le strapperà dalla mia mano” torna due volte. Nel mondo palestinese è interessante vedere i beduini e pastori che conducono al pascolo centinaia di pecore, le quali, mentre per noi sono un gregge, per loro no: ogni pecora ha il suo nome perché ha una sua caratteristica (Bianchina, Brunetta, Riccioluta…). Un pastore parla con le pecore. M’ha colpito sentire un pastore sardo che vedendo arrivare nel suo gregge una nuova pecora la prima cosa che ha detto è stata: “questa pecora ha bisogno di un nome.” Pensate, il suo primo pensiero è stato darle un nome, esattamente come due genitori, che all’arrivo del figlio dicono: che nome gli diamo? Insomma, un pastore ha un rapporto non con un gregge, ma con ognuna delle pecore, avendole viste nascere tutte una a una. Per questo ha un rapporto speciale con ognuna. Quindi, le domande che ci affida questa domenica del Buon pastore sono: qual è lo stato di salute della mia amicizia con Gesù? Gesù è nei miei pensieri? Gesù è con me lungo la giornata? Mi lascio condurre da Lui?
* Passo alla seconda riflessione: oggi è la giornata mondiale di preghiera per le vocazioni. Il tema “vocazioni religiose”, qui in Occidente, non è motivo di gioia. Preti, frati e suore sono in forte calo. I più anziani ricordano quando in tutti gli asili parrocchiali c’erano le suore. Tutti ricordiamo quando c’era un parroco solo per Calerno e tre preti solo per S. Ilario. Ora, io non ho la bacchetta magica per risolvere tale questione, una cosa però so. Normalmente le vocazioni religiose fioriscono là dove ci sono parrocchie vive, cioè comunità dove si prega, dove si ascolta la Parola di Dio, dove c’è una bella pastorale dei ragazzi e dei giovani. Quando in una Unità Pastorale c’è vita, fermento e si vede la testimonianza bella di giovani e famiglie, tutto questo è terreno favorevole per il sorgere di vocazioni. Come da una terra arida non nasce nulla, così le vocazioni religiose: hanno bisogno di un certo contesto per nascere, crescere e arrivare a piena fioritura.
Signore, concedi alla tua Chiesa numerose e sante vocazioni religiose, missionarie e diaconali. Assisti il nuovo Papa Leone, e aiuta tutti noi fedeli e seguire le sue indicazioni.