Giovedì Santo
Nel vangelo abbiamo ascoltato queste parole: “si alzò da tavola, depose le vesti, prese un asciugamano, poi versò dell’acqua nel catino e cominciò a lavare i piedi dei discepoli.” Pensate, noi crediamo in un Dio che più che farmi da padrone, si mette lì a lavarmi i piedi, cioè a servire la mia vita. Gesù quella sera lavò i piedi agli apostoli, esattamente come oggi un gesto così si compie in tante case. Ci sono uomini e donne che, mentre noi siamo qui a celebrare, stanno lavando i piedi o le parti intime del corpo, a malati che non riescono più a farlo da sé. Ci sono genitori che lavano i loro figli disabili. Ci sono uomini e donne che negli ospedali sono piegati a servire i corpi di malati allettati. Sono situazioni che probabilmente arriveranno a riguardare anche i nostri corpi.
Ma entriamo più dettagliatamente nel gesto di Gesù.
* Prese fra le mani i piedi di Pietro, e Pietro fu colui che di lì a poco lo avrebbe rinnegato.
* Prese fra le mani i piedi di Giovanni e Giacomo, i due apostoli rampanti la cui madre li avrebbe voluti in posti prestigiosi nel nuovo regno di Gesù.
* Prese fra le mani i piedi di Giuda, colui che lo tradì.
* Prese fra le mani i piedi dell’incredulo Tommaso.
* Prese fra le mani i piedi di Bartolomeo, detto Natanaele, l’uomo che, per paura di esporsi, prima di diventare apostolo, andava ad incontrare Gesù di notte.
* Prese fra le mani i piedi di Matteo, che prima di fare l’apostolo, era l’antipatico strozzino che riscuoteva le tasse a favore dell’odiato impero romano.
* Prese fra le mani i piedi di Simone, lo zelota. Gli zeloti erano dei rivoluzionari che se potevano fare a pezzettini i romani, lo avrebbero fatto. Ebbene, Gesù lavò i piedi anche a lui, apostolo che oggi farebbe parte dei violenti di tante manifestazioni di piazza.
- Insomma, solo un allenatore come Gesù poteva tenere insieme una squadra così. Gesù dunque quella sera aveva davanti il tradimento di Giuda, la vigliaccheria di Pietro, l’odio antiromano di Simone lo zelota e la fifa da novanta di tutti gli altri. Eppure si accostò a ciascuno con eguale premura.
> Tutto questo cosa ci dice? Due cose: che chi ama, serve e il servizio a cui chiama l’amore cristiano dev’essere a 360 gradi, cioè non escludente nessuno, proprio come ha fatto Gesù. Servizio è l’altro nome dell’amore. Nella vita non bisogna usare solo la testa ma anche il cuore: il servizio è molto legato al cuore. Domanda: noi siamo servizievoli? Ammettiamolo: siamo servizievoli verso chi ci è caro, ma non verso chi non sopportiamo.
> Non se abbiate mai sentito parlare di Pedro Casaldaliga: era un vescovo e un poeta, molto amato nella sua Amazzonia. E’ morto cinque anni fa. Un giorno, durante una conversazione sul tema del servizio, gli fu chiesto: “Quando sarai alla fine della vita, cosa risponderai se qualcuno dovesse chiederti: Come hai vissuto? E lui: Gli risponderei così: gli presenterei una lunga lista di nomi e di volti, che sono poi i tanti nomi e volti che ho cercato di servire con tutto me stesso.” Chi ha conosciuto questo vescovo sa che la sua lista comprendeva un po' di tutto, eletti e reietti.
Veniamo a noi: l’ultimo giorno della vita, noi avremo in tasca, da presentare a Dio, la lista dei nomi, che avremo servito in vita? E allora, dato che siamo nella sera della lavanda dei piedi, questa questione della lista dei nomi, non potrebbe diventare un bel proposito da portarci a casa?
Venerdì Santo
In questa mia breve omelia voglio partire da quanto ho detto lunedì sera. Ho parlato di come il popolo di Gerusalemme si comportò verso la passione di Gesù. Facevo notare una contraddizione: mentre la domenica delle palme il popolo era tutto osannante verso Gesù, il venerdì santo, durante il processo-farsa a Gesù, lo stesso popolo gridò cose opposte: “Libera Barabba, non Gesù!” E ancora: “Crocifiggilo!” Perché tutto questo? Perché ‘popolo’ è una parola bella ma anche ambigua: non poche volte il popolo è pauroso, è vigliacco, tende a montare sul carro del vincitore e a unirsi al vento favorevole del momento. Ecco allora qualche suggerimento.
1) Gesù ci chiede non di adeguarci, ma di distinguerci.
2) Ogni volta che il mondo è migliorato è sempre stato grazie a pochi, a pochi coraggiosi. I mediocri sono sempre folle, i coraggiosi son sempre alcuni.
3) Un valore non è giusto perché ha l’adesione della maggioranza. Se è vero che Gesù ebbe al suo stretto seguito dodici uomini e di questi 12 solo Giovanni lo seguì fino alla morte in croce, è segno che Gesù morì pressoché solo. Tutto questo cosa dice? Che quando tutti son d’accordo con noi, forse è il momento che ci venga qualche sospetto. Cosa disse Gesù un giorno? Guai quando gli uomini diranno tutti bene di voi.
Preghiamo così allora: Gesù, la tua morte in croce pressoché solo, ci aiuti a capire che seguirti non è seguire le cose che vanno di moda, ma le cose durevoli, quelle che sono via al Paradiso.
Sabato santo
I rabbini ebrei dicono che sono quattro le notti speciali. La prima fu la notte in cui ebbe origine il mondo. La seconda fu la notte in cui Dio chiamò Abramo, il capostipite del popolo eletto. La terza fu la notte in cui il popolo ebreo in schiavitù, venne liberato dall'oppressione egiziana. La quarta notte è quella dell’arrivo del Messia, notte che per gli ebrei ancora deve arrivare. Ma per noi cristiani la notte speciale è quella che stiamo vivendo, la notte della risurrezione di Gesù. Sembrava tutto finito e invece tutto è cominciato. Fu la notte della strepitosa notizia: la morte non ha sconfitto Dio, la morte non ha avuto l'ultima parola su Gesù. Gesù è risorto!
> Ora, se leggiamo attentamente i Vangeli, vediamo che sul finire di questa notte speciale (era ormai l’alba), partì tutto un andirivieni tra Gerusalemme e il sepolcro di Gesù. Subito le donne e poi Pietro e Giovanni. Questi due apostoli, dice il testo evangelico, si alzarono e corsero al sepolcro.
> Domanda: perché quel mattino presto, tutti correvano? Che bisogno c'era di correre? Risposta: perché quando c’è in ballo qualcosa di bello e di grande, non sopporti alcuna lentezza. L'amore ha sempre fretta, chi ama si sente sempre in ritardo. Sentite questa storiella. “C’erano due uomini. Ambedue seppero di un evento straordinario, accaduto non lontano da loro. Uno dei due chiese all’altro: beh, perché tu ti metti a correre? E l’altro: Tu piuttosto, come fai a star fermo!?” Ecco la ragione che spinse a correre quel mattino di Pasqua. Nella Bibbia c’è un passo molto bello, è del prof. Isaia, che dice: quelli che confidano nel Signore camminano senza affannarsi, corrono senza stancarsi, volano con ali di aquila. Dice corrono senza stancarsi. Com’è possibile correre senza stancarsi? Quand’è che nella fatica non fai fatica? Quand’è che nel correre non ti stanchi? Quand’è che pur impegnandoti al massimo, non ne senti il peso? Risposta: quando dentro hai un amore, un desiderio, del fervore, una passione che non riesce a tenerti fermo. C’è una fatica che non costa fatica. Ecco perché il mattino Pasqua tutti correvano senza fatica, donne e apostoli. C’è una fretta non sana e c’è una fretta dettata dall’amore. Ricordate il vangelo di qualche domenica fa? “Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l’anello al dito e i sandali ai piedi. Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era perduto ed è stato ritrovato.” In queste parole tutto ruota attorno a un avverbio: presto! ‘Presto’ dice la fretta di Dio nel voler ridonare la dignità perduta a quel suo figlio che se n’era andato. È la fretta di Dio che non vuol lasciar nessuno lontano da sé. E’ la fretta di Maria che quando andò dalla cugina Elisabetta, annota il vangelo: andò di fretta.
Concludo: Gesù risorto, fa correre pure noi quando in ballo c’è qualcosa che merita. Mettici in cuore quel fervore per te, che ci rende i tuoi corridori, proprio come lo furono le donne e gli apostoli il mattino di Pasqua.
Domenica di Pasqua
Non so se lo sappiate: i quattro evangelisti, nello scrivere il racconto della resurrezione di Gesù non sapevano come dirlo, non avevano parole, e allora presero in prestito due verbi molto comuni: svegliarsi e alzarsi. Noi crediamo che ‘risurrezione’ sia la parola specifica per indicare la risurrezione di Gesù. Non è così. La parola risurrezione, letteralmente dal greco, significa alzarsi/svegliarsi. Se dovessimo tradurre letteralmente, non dovremmo dire Gesù è risorto, ma Gesù s’è svegliato, Gesù s’è alzato, Gesù s’è destato.
* Per me è molto bella questa cosa, perché ci dice che la Pasqua viene raccontata con i verbi semplici del mattino. La nostra comunissima vita quotidiana si apre tutte le mattine con una piccola risurrezione. Siamo autorizzati a dire: “Ogni giorno è Pasqua, Pasqua è qui, adesso. Qualche ora fa, alzandomi, ho fatto Pasqua.” La Pasqua dunque è descritta nei Vangeli con la terminologia umile di tutti i giorni. E in effetti è proprio così: non è forse vero che la nostra vita quotidiana è fatta di piccole pasque? Cioè di cadute e di rialzi, di battute d’arresto e di riprese, di stanchezze e di ripartenze… Ora, perché tutto questo si compia al meglio, è a nostra disposizione la risurrezione di Gesù.
* Continuo. Pietro e Giovanni, il mattino di Pasqua, entrando nel sepolcro, non videro Gesù risorto, ma i segni che era risorto, “le bende per terra” dice il testo. Domanda: oggi le bende per terra, cioè i segni che Gesù è risorto, quali possono essere? Rispondo facendomi aiutare da un teologo che ha detto una bellissima frase: Tre cose attestano che Gesù è ancora vivo e operante: le stelle, i fiori e i bambini. Io non so a cosa alludesse di specifico questo teologo parlando di stelle, fiori e bambini, ma a me queste tre immagini son piaciute tanto. E ora provo a spiegarmi.
Le stelle - Gesù, risorgendo, è salito al Cielo. Cielo e stelle ci ricordano che la vita non è solo la vita terrena, ma che la nostra patria è nei Cieli. La risurrezione di Gesù ci dice che la morte non ha l’ultima parola sulla nostra vita. Un sant’uomo, morente, ha detto: In punto di morte, imparate a dirvi non addìo, ma arrivederci. Imparate a dirvi: Mi raccomando, aspettami!
I fiori – Un detto molto sapiente recita: Perché allunghi la mano per raggiungere le stelle e dimentichi i fiori che hai presso i tuoi piedi? Come a dire: la Pasqua ha dei frutti che ognuno ha a portata di mano, senza andare chissà dove. Esprimo così questo concetto: se dovessimo ringraziare Dio per tutto quello che ci dona, non ci resterebbe il tempo per lamentarci per tutto quello che ci manca.
I bambini – La vita, la vitalità, la speranza che sprigiona dalla Pasqua ha un magnifico esempio nei bambini. I bimbi stupiscono sempre. Il bambino ti ama, non dubita, non sospetta di niente. Quando la mamma gli dice qualcosa .. lui ci crede. Una scena che mi commuove è quando, andando alla scuola materna a trovare i bimbi, qualcuno mi regala un suo disegno. Si nota benissimo che nel regalarmi quel disegno, mi sta regalando la sua anima.
Mi avvio a conclusione. Se Pietro e Giovanni, entrando nel sepolcro il mattino di Pasqua, non videro Gesù risorto ma i segni di Gesù risorto (le bende), nostro compito di cristiani è segnalare a tutti i molti segni di bene che Gesù risorto ha lasciato e lascia nella vita nostra e del mondo.
Lunedì dell’Angelo
In questo lunedì dell’Angelo sono alcune donne le nostre insegnanti: sono le donne del mattino di Pasqua, quelle che dopo aver lasciato il sepolcro dove non c’era più Gesù, lo incontrarono poco dopo. E il testo evangelico descrive quest’incontro utilizzando tre verbi: si avvicinarono, gli abbracciarono i piedi e lo adorarono. Mi soffermo sul secondo verbo: gli abbracciarono i piedi. Meglio sarebbe stato tradurre “gli strinsero i piedi”. Stringere a sé richiama quel tipo di affetto che ha paura di perdere la persona amata. Quando si ama, qual è la paura più grossa? Perdere chi si ama. Chi stringe a sé è come se dicesse: non andare via, sta qui con me, senza di te non ce la faccio. Perché le donne quel mattino strinsero a sé Gesù? Risposta: perché accettare Gesù risorto significava accettare la sua nuova presenza nel mondo, non più visibile ma invisibile. E questo per quelle donne era un passo non facile da compiere. Lo stringere a sé Gesù voleva dire: noi Signore abbiamo ancora bisogno di vederti e toccarti, se divieni invisibile tutto ci diventa più difficile.
> Credetemi, vanno capite queste donne, perché se l’amore è anche fisicità, se amare è anche potersi guardare negli occhi, dalla Pasqua in poi, con Gesù questo non sarebbe più stato possibile. Amare un Gesù, che era non più in carne e ossa, certo era possibile, ma meno facile di prima. Perché il Natale è una festa più facile della Pasqua? Perché il Natale introdusse nel mondo un Gesù in carne e ossa, la Pasqua invece ce lo ha sottratto, nel senso che lo ha fatto passare da persona visibile a persona invisibile. E’ facile accettare il Natale: non è forse bello contemplare un Gesù bimbo, carino e dolce? Invece è più difficile accettare la Pasqua, perché la Pasqua ha dato il via a una presenza di Gesù accanto a noi, invisibile. Quella mamma che ha il figlio in America per qualche mese, non sarà doppiamente felice quando se lo vedrà tornare e quindi di nuovo potrà abbracciarlo e toccarlo? Comprendiamo allora lo stringere a sé Gesù, da parte delle donne il mattino di Pasqua. L’epoca del Gesù risorto iniziò quando lasciò il sepolcro, dura tutt’ora e durerà fino alla fine del mondo.
Pasqua dunque, festa difficile! Domenica prossima, il vangelo ci parlerà dell’apostolo Tommaso: anche per lui, il credere senza vedere gli dava da fare. Il lunedì dell’Angelo dunque è il giorno della fede, di una fede che per camminare ha bisogno di un supporto, di un accompagnamento, ma noi sappiamo che tutto questo Gesù ce lo garantisce.
Gesù, quanto daremmo per poterti anche noi stringerti come le donne di Pasqua. Soccorri la nostra debole fede, perché non cessi di ardere nei nostri cuori.