Omelia di Domenica 18 giugno 2023 - XI Domenica del Tempo Ordinario, Anno A
Il Vangelo di questa domenica termina così: Gesù inviò i Dodici Apostoli, dicendo loro: Strada facendo, predicate che il regno dei cieli è vicino, guarite gli infermi, risuscitate i morti, purificate i lebbrosi, scacciate i demòni.
Gesù utilizza cinque verbi: predicate, guarite, risuscitate, purificate, cacciate. Proviamo a fare una cosa: sentiamo rivolti a noi questi cinque verbi/cinque inviti di Gesù e io tento una loro attualizzazione.
1° invito: predicate > Commento questo verbo con quanto disse un giorno S. Francesco ai suoi frati: Predicate il Vangelo con la vita, e se fosse necessario anche con la parola. Faccio presente che oggi non è più come un tempo: un tempo in tantissime case italiane c’era il Vangelo. Oggi non è più così. Oggi l’unico Vangelo che la gente può leggere è quello della vita di noi credenti. Sentiamo questa responsabilità?
2° invito: cacciate i demoni > Qui Gesù fa ben capire che i demoni vanno allontanàti, non avvicinati. E cioè: col male non si amoreggia, col male non si scende a patti, con la trasgressione non si scende a compromessi. Un’occasione di male va respinta, subito e senza tentennamenti, anche perché se si fa tanto di entrare in trattativa con la tentazione, è un attimo cadervi. In breve, verso tutto ciò che è male e fa il nostro male, occorre atteggiarsi così: No, non ci sto! Via da me!
3° invito: guarite i lebbrosi > Qui Gesù ci vuole guaritori, capaci cioè di guarire quella lebbra che non coincide con la malattia della pelle, ma con la malattia che si chiama orgoglio, pettegolezzo cattivo, invidia, pigrizia, indifferenza, …
4° invito: risuscitate i morti > Qui Gesù si offre di rendere capaci pure noi di far ripartire ogni vita, che si sia spenta. Ci rende capaci di reintrodurre, nelle persone spente, l’amore per la vita. C’è una risurrezione anche per chi è vivo, se è morto interiormente. Se è vero che ci sono esistenze spente, c’è bisogno che queste esistenze si riaccendano.
5° invito: guarite gli infermi > Notate, prima ha detto guarite i lebbrosi, ora torna a dire: guarite gli infermi. Mi vien da pregare così: Come si vede, Gesù, che t’interessa, certo, che l’uomo creda, ma non di meno che l’uomo stia in salute. Vedete, la sofferenza non ha religione e Dio per soccorrerla non chiede che si creda in lui, lui la soccorre e basta. Ecco perché in una comunità cristiana sono preziosissimi i ministri della Comunione ai malati, i ministri dell’Unzione degli infermi, gli operatori della Caritas e chiunque, anche singolarmente e senza annunci ufficiali, visita chi non sta bene. Se avete notato, nel testo evangelico, appena prima dei 5 inviti che sto commentando, c’è questa riga: Chiamati a sé i suoi dodici discepoli, diede loro potere di guarire ogni malattia e ogni infermità. Non so se lo sappiate: il Vangelo di Marco è per il 46% un racconto di guarigione da parte di Gesù di malati, lebbrosi, ciechi, storpi, epilettici. Pertanto, non si esagera se si dice che fra le priorità di Gesù c’era la salute della gente. Quale allora la conseguenza da tirare? Questa: se intendiamo essere discepoli di Gesù dobbiamo accertarci di due cose: primo di essere davvero in società con lui. In questo modo (seconda cosa), siamo davvero in grado di metterci al servizio di chiunque non sta bene, nel corpo o nello spirito.
Mi avvio a conclusione. Se la religione è al servizio della vita e non la vita al servizio della religione, amare è l’unico modo con cui il credente sa vivere. Questa mattina torniamo a casa, trattenendo i cinque inviti che ci ha rivolto Gesù. Gli chiediamo inoltre di aiutarci ad avere qualche preferenza nelle nostre relazioni: la preferenza per tutti coloro che non stanno bene e che la vita sta mettendo seriamente alla prova.