Il fotomodello ribelle: “Basta sfilate e party con Madonna, preferisco correre come un eroe”

 

L’uomo degli addominali. The abs guy. A chiamarlo così, sfiorandogli il ventre, fu la diva per eccellenza, Madonna, che nel 2009 gli chiese di sbottonarsi la camicia nel bel mezzo di un party alla moda newyorchese per mostrare la parte del suo corpo che l’aveva reso famoso negli States. Michele era all’apice della carriera. Copertine di riviste patinate e fotografi di grido. Intorno a lui, bravo ragazzo di provincia scopertosi modello a Miami, d’un tratto si era svelata la notte loca.

 

Il Coraggio di Anastacia per i ragazzi

Ha appena annullato il nuovo tour europeo per riprendere la sua battaglia contro il cancro, già affrontato e sconfitto nel 2003, ma oggi e domani Anastacia sarà sul grande schermo in Italia con All You can Dream di Valerio Zanoli che segna il debutto come attrice della celebre cantante, nei panni di se stessa. Destinato al pubblico delle famiglie, presentato in anteprima mondiale all’ultimo Giffoni Film Festival e poi in Usa al leggendario Chinise Theatre di Hollywood lo scorso 18 febbraio, il film è la storia di un’adolescente americana, Suzie (l’attrice teatrale Hali Mason), tormentata dall’eccesso di peso e dal bullismo delle compagne di scuola. Due temi particolarmente sentiti in America, ma non solo.

 

Il piedistallo invisibile che sorregge la vita


Mai come quest’anno mi sono sentito travolto, sbatacchiato, senza più capacità di reazione se non quella di stare a ciò che accadeva, letteralmente senza poter scegliere o valutare. E di continuo le situazioni mutavano. Bisogna sempre esserci e sempre con una disponibilità matura che supera l’emotività e l’istinto reattivo. Diciannove anni fa io e mia moglie pensavamo di aver “salvato” definitivamente una vita adottando una bimba di sette mesi, invece da sei anni ci richiede una grande fatica, in quest’ultimo anno ha messo al mondo due figli e ha ancora bisogno di “mettere a fuoco” tutto... 

“Iride, veloce come il vento”

 

Arcobaleno… Era un pomeriggio di primavera. Aveva piovuto. Mia madre chiamò, a voce alta, tutta la famiglia. Ci invitò ad andare alla finestra per qualcosa di veramente speciale che era apparso nel cielo: l’arcobaleno. Tutti accorremmo incuriositi. La reazione fu la medesima: grande stupore e meraviglia e una sola parola, quasi pronunciata in coro, per esprimere la gioia: è bellissimo! Solo la mia voce rimase muta.

 

Carlo Borghi: prete, scienziato e poeta. Una vita donata alla fede


Presentare il professor don Carlo Borghi non è impresa da poco: sacerdote e scienziato ma anche letterato, poeta, musicista, pittore; sono solo alcuni aspetti di una personalità fuori del comune, è il tentativo di avvicinarci a un uomo il cui genio è stato ed è tuttora sconosciuto al grande pubblico. Nell’Anno della fede vorremmo far conoscere la vita di questo sacerdote, il suo pensiero, le sue opere, per poter approfondire il tema della non opposizione tra scienza e fede, tra fede e ragione, argomento di grande attualità e molto caro sia a Giovanni Paolo II che a Papa Benedetto.

 

Quella scritta sulla lavagna: «NO»


Mia mamma è gravemente inferma. Una mattina in cui ero andato a trovarla, entrando nella sua stanza e vedendola sulla carrozzella, con la testa piegata, davanti alla televisione che non stava guardando, ho avuto come una stretta al cuore. Ho iniziato a dialogare con lei, come faccio quando ho un po’ di tempo: le pongo qualche domanda e lei, che non può parlare a causa della tracheotomia, mi risponde scrivendo su una lavagnetta. Senza troppo riflettere mi è venuto da chiederle: «Mamma, pensi mai ai bei momenti di quando eri giovane, c’era il papà e noi figli eravamo tutti a casa?» E lei, subito, ha scritto «NO».

La signora che sconfisse la guerra


«Nel giro di poche ore diventai il punto di riferimento per l’intera mia famiglia. Da semplice diciassettenne con i problemi di una teenager divenni una donna molto arrabbiata, una donna sempre più arrabbiata via via che crescevo». A parlare è Leymah Gbowee, 40 anni, liberiana, Premio Nobel per la pace nel 2011 (insieme ad altre due donne, Ellen Johnson Sirleaf, presidente della Liberia e sua connazione, e Tawakkul Karman, pacifista yemenita).

Quando scoppiò quel conflitto, Leymah non era ancora maggiorenne ed era appena rientrata dagli Stati Uniti, dove aveva frequentato l’università alla Eastern Mennonite della Virginia. La sua vita, da allora, è stata dominata e stravolta dalla guerra civile liberiana (1989-2003), un conflitto lungo e sanguinoso che l’ha privata di parenti e amici. Ma anche dei sogni e delle speranze.

 

Nasce oggi la speranza del mondo


Il cielo di dicembre è grigio sopra lo specchio calmo del lago. Nessuno, nella piazzetta di Orta. Un battello trasborda sull’isola San Giulio. Come sbarchi, ti meraviglia il silenzio in cui sprofondi, un silenzio rotto soltanto dallo sciabordio dell’acqua, al molo. Ti inoltri per il vicolo verso il monastero benedettino Mater Ecclesiæ, seguita solo dal rumore dei tuoi passi. L’edificio dell’ex seminario, affidato nel 1973 a sei monache, oggi ne ospita 75, di cui 10 novizie e 2 postulanti. Appesi al portone gli orari della giornata: dalle lodi mattutine delle 4,50 il tempo è scandito fra preghiera e lavoro fino a compieta, a sera; poi, si legge, è il 'grande silenzio' della notte. “Un silenzio ancora più grande di questo?” ti domandi, tu già un po’ smarrita e quasi assordata da questa pace. 

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