Omelia di Domenica 16 Febbraio 2020 - VI Domenica del Tempo Ordinario, Anno A

Puntualmente, ogni domenica il Signore ci offre la luce della sua Parola e a noi non resta che lasciarci illuminare. Nelle parole di Gesù appena ascoltate colgo 3 spunti di riflessione.
1) Chi si adira con il proprio fratello dovrà essere sottoposto a giudizio. Chi poi gli dice stupido, dovrà essere sottoposto al sinedrio; e chi gli dice pazzo, sarà destinato al fuoco della Geènna. Qui Gesù ci ricorda il peso delle parole. Le parole, soprattutto alcune, non lasciano mai le cose come sono, ma scuotono, in bene o in male. Un esempio: c’è chi, sentendosi dire ti lascio, impazzisce e chi, sentendosi dire ti amo, tocca il cielo dalla gioia. Si dice: fatti e non parole. Non è così, certe parole sono fatti, anzi sono più pese dei fatti, sono macigni.

Omelia di Domenica 9 Febbraio 2020 - V Domenica del Tempo Ordinario, Anno A

Il Vangelo di questa domenica ci mette davanti 2 definizioni di cristiano: luce del mondo e sale della terra. Sul cristiano luce del mondo mi son già intrattenuto qualche domenica fa, provo a dire qualcosa sul cristiano sale della terra. Risentiamo le parole di Gesù: voi siete il sale della terra; ma se il sale perdesse il sapore, con che cosa lo si potrà render salato? Mi son detto: se Gesù paragona noi cristiani a del sale, è perché ci vuole persone non insipide, ma saporose, non inodore ma profumate di Vangelo. Pensate, il Signore, nel definire il cristiano ricorre ad un ingrediente di cucina, il sale. Mi viene in mente quando entriamo in cucina verso l’ora di pranzo: non respiriamo un buon profumino? Bè, applicando questa domanda a noi, chiediamoci: cosa vuol dire avere addosso il profumo del Vangelo?  2 storielle ci aiutano a rispondere.

Omelia di Domenica 2 Febbraio 2020 - Presentazione del Signore, Anno A

Il Vangelo di questa S. Messa ci presenta un anziano (Simeone) che prende in braccio un bimbo piccolo (Gesù). M’è venuto da collegare questa scena evangelica a una foto di 2 anni fa che fa fece il giro del web, una foto che non riesco a dimenticare e che tutt’ora è dentro di me. Raffigura un bimbo piccolo non però in braccia ai genitori o ai nonni, ma che giaceva morto sulle spalle del fratellino, un ragazzino giapponese di 10 anni. La foto lo inquadrava col volto impietrito, fisso in avanti, immobile, come se non volesse disturbare il fratellino, che comunque giaceva morto sulle sue spalle. La foto è da collegare a una storia risalente al 1945 e documenta gli effetti nefasti della bomba atomica su Hiroshima e Nagasaki. Il Papa commentò così questa foto: uno scatto che vale più di mille parole. Ma cos’era successo?

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