“Mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto. Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, perché per loro non c’era posto nell’alloggio” (Lc 2, 6-7)

La sera della vigilia, tornando dopo aver celebrato la messa a Karma, paese a circa un’ora di macchina da dove viviamo, abbiamo portato con noi un passeggero in più rispetto all’andata, ovvero la pisside con le ostie consacrate avanzate dalla messa. Quella presenza tra noi mi ha fatto capire che era veramente Natale, che il Signore era nato tra noi. In quel viaggio mi sono tornate in mente queste parole del Vangelo di Luca che ho riportato.

Ho pensato a Maria e Giuseppe, a quella nascita improvvisa, in una situazione di difficoltà, quando sembrava che anche il Signore si fosse dimenticato di loro. Anche noi abbiamo condiviso una situazione difficile, accanto alle persone che vivono nei villaggi di queste montagne che si stanno sempre più spopolando. Anche noi abbiamo ricevuto la visita del Signore in modo inaspettato, non mentre eravamo a tavola con i parenti o a scartare i regali, ma in viaggio su una strada sconnessa, al freddo, lontano da casa, nel buio totale della montagna albanese, mangiando qualche panino che ci eravamo portati, di fretta, sperando di riuscire a passare da casa per un caffè prima di dover partire per la messa successiva senza sapere di preciso dove fosse e stretti in una macchina stipata di tutto l’occorrente.

Il Signore ci ha trovati radunati per lui da lontano come quei magi. Don Dodo è venuto da Reggio con un dito rotto per celebrare le messe in quei piccoli paesi che altrimenti non avrebbero potuto vivere il Natale. Ci hanno accompagnato anche Gabriele di Bagnolo e Anton, seminarista della nostra diocesi di Sapa. Abbiamo cercato di curare le celebrazioni al meglio che potevamo, preparando le chiese nei giorni precedenti con suor Mariana e provando i canti tradizionali di Natale in albanese con suor Flora. Abbiamo messo al servizio del Signore i piccoli doni che possediamo: Gabriele ha accompagnato i canti con la chitarra, Anton ha fatto da traduttore e ha servito all’altare e Alessandro ha realizzato in pochi minuti il presepe nella chiesa di Karma Poshtë con quello che ha trovato, perché non eravamo riusciti a raggiungerla nei giorni precedenti.

Sono stati due giorni intensi, non c’è stato un attimo di tempo per riposarsi, ma ringrazio il Signore perché visitandoci in questo modo particolare ci ha permesso di vivere il Natale più vicino alla mangiatoia di Betlemme, tanto da sentirne il calore.

Paolo

 

Omelia di Domenica 5 Gennaio 2020 - II Domenica dopo Natale, Anno A

Ho notato che una delle parole più ricorrenti nel Vangelo di questa prima domenica di gennaio è luce, con chiaro riferimento a Gesù. Se andiamo a leggere altre pagine del Vangelo scopriamo non solo che il tema della luce torna e ritorna spesso ma che Gesù oltre a definire se stesso luce del mondo, pure di noi cristiani disse: voi siete la luce del mondo. Era sul monte delle beatitudini quando parlò così.
> Immagino l’obiezione di qualcuno: Ma che luce mai io posso essere? La mia vita è più buia che luminosa. No, non bisogna ragionare così. Nessuno ha troppi difetti, nessuno è troppo ferito da non riuscire a offrire qualcosa di buono. Siamo tutti guaritori feriti. Siamo tutti peccatori perdonati. Anch’io che vi parlo ho difetti e colpe - e chi mi conosce lo sa bene - ma non per questo mi è impossibile dire una parola che sia luce per qualcuno. E come è di me, così è di ciascuno.

Partendo da questo proverbio africano, con lo spirito di condivisione e comunità che da sempre contraddistingue la nostra scuola, come team insegnanti abbiamo pensato ad una iniziativa che parte dalle famiglie della scuola e si estende a tutte le famiglie della nostra unità pastorale in un invito di condivisione del cammino verso il Natale.

Di fianco all'ingresso della scuola è stato allestito un albero di Natale sul quale le famiglie sono state invitate ad appendere il loro balocco personalizzato, realizzato con il materiale che desiderano che dovrà contenere una foto della propria famiglia.

Pubblichiamo qui di seguito alcuni scatti di questa iniziativa.

Le insegnanti

 

 

 

 

Carissimi, vi invitiamo a partecipare alle serate teologiche che si svolgeranno nei mesi di gennaio e febbraio 2020 a Montecchio, in Oratorio.
Quest’anno rifletteremo sull’annuncio del Vangelo nel nostro tempo.
Tra le motivazioni che ci hanno portato ad affrontare questo tema c’è la convinzione che va ripensata l’azione della nostra chiesa in questa direzione e, partendo da questo bisogno, promuovere una riflessione.
Abbiamo pensato di percorrere il libro degli Atti per vedere come la Chiesa ha annunciato nei primi tempi. Da lì cogliere alcune linee guida valide allora, che possono essere valide anche oggi.
Quale il nucleo dell’annuncio, quale il contorno che va (anzi deve essere) adattato al tempo in cui viviamo?
Che tipo di annuncio, verbale o di testimonianza di vita, personale e/o collettiva?
Come la prima chiesa ha incarnato, nella cultura nella quale si trovava immersa, il messaggio da trasmettere? 
 

Omelia di Mercoledì 01 Gennaio 2020 - Maria SS.ma Madre di Dio

Vi benedica il Signore e vi custodisca. Il Signore faccia risplendere su di voi il suo volto e vi faccia grazia. Il Signore rivolga a voi il suo volto e vi conceda pace. Queste belle parole sono gli auguri di Mosè a nome di Dio che abbiamo sentito nella 1^ lettura della Messa. Gli auguri, fateci caso, sono sempre parole proiettate sul futuro. Se ti auguro qualcosa è perché auspico per te un futuro bello. Fare gli auguri sottintende che alla domanda: val la pena vivere? la risposta sia . Queste parole di Mosè dunque sono auguri benedicenti, auguri di una vita buona e bella. Ho fatto una cosa: ho provato a mettermi nei panni di Mosè e, riascoltando i suoi auguri, ho provato a tradurli per noi con un linguaggio più attuale. Sono scaturiti 6 auguri che il Mosè di oggi, ci rivolgerebbe.

Omelia di Domenica 29 Dicembre 2019 - Santa Famiglia, Anno A

Il presepio è sostanzialmente un quadretto familiare: c’è un papà (Giuseppe), una mamma (Maria) e un bimbo (Gesù). E’ questa la ragione che ha indotto la Chiesa a collocare vicino al Natale la festa della famiglia di Nazareth. Il Vangelo ci ha narrato quell’episodio che vide tutti e 3 - Maria. Giuseppe e Gesù - fare l’esperienza dell’essere profughi in Egitto. Pensate, pure la santa famiglia, al pari dei tanti profughi e migranti del nostro tempo, fece l’esperienza della fuga dalle proprie terre e del dovere migrare per trovare in luogo dove abitare. Questa è dunque una domenica, che ci invita a riflettere sul valore della famiglia, a partire dalla famiglia più speciale della storia, quella di Gesù. Parto con 2 domande.

Omelia nel giorno di Natale

Se a tutti noi fosse bastato il Natale dei negozi, non saremmo qui a Messa, saremmo rimasti là dove sono i regali. Il vero Natale invece lo si celebra come stiamo facendo noi adesso e come sta facendo in questo momento tutto il popolo cristiano, sparso in ogni angolo della terra. Il vero Natale è la celebrazione del più bel gesto di Dio verso l’umanità, il dono del suo figlio Gesù. Gesù dunque è venuto, ma è stato accolto? A questa domanda ho risposto la lettura del Vangelo: Venne fra i suoi, e i suoi non lo hanno accolto. A quanti però lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio. Il Natale è una storia di accoglienza. Ogni nascita è un’accoglienza. Noi tutti siamo vivi grazie all’accoglienza di una madre che ci ha offerto il suo grembo e che ci ha curato quando, neonati, non sapevamo che piangere. Una storia di accoglienza è anche il matrimonio: Io accolgo te, dicono i due sposi. Potrei dire: accogliere = voce del verbo vivere. Lo dicevo questa notte: Noi siamo quel che siamo, in base ad un’infanzia di amore o di rifiuto che abbiamo avuto.

Omelia del 24 dicembre 2019 - Messa di mezzanotte

Nella vita di S. Antonio abate si racconta che il santo, ormai prossimo alla morte, chiamò vicino a sé 2 suoi discepoli e tra le diverse cose, disse loro: Respirate sempre Cristo. Voi direte: che c’entrano queste parole con la notte di Natale che stiamo vivendo? C’entrano, credetemi. Riflettiamo un attimo: una delle cose più inseparabili da noi è il respiro, al punto che a non respirare più, si muore. Vivere è respirare e se si vive è perché si respira. Bene, l’ingresso del Figlio di Dio nel mondo lo portò a rimanere inseparabilmente unito a noi, proprio come inseparabile da noi è il respiro. Il Natale è Gesù venuto tra noi per non separarsi più da noi. Tra poco la liturgia ci farà sentire le parole per Cristo, con Cristo e in Cristo: sono parole dal sapore natalizio, perché? Perché Gesù è venuto per aiutarci ad essere per Lui, con Lui e in Lui e Lui a sua volta per noi, con noi e in noi. Quindi, l’immagine del respiro di S. Antonio non solo non è fuori luogo, è illuminante Gesù è interno a noi come interno a noi è il respiro e, come il respiro, ci mantiene vivi, ispirati e motivati. Uno dei titoli natalizi di Gesù è Emmanuele, nome che alla lettera vuol dire Dio con noi.

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