Omelia di Domenica 10 dicembre 2023 - II Domenica di Avvento, anno B

Oggi, diversamente dal solito, ho pensato di lasciarmi ispirare dalla prima lettura della Messa. Contiene un invito che il profeta Isaia a nome di Dio indirizzò al popolo ebreo: “Consolate, consolate il mio popolo, dice il vostro Dio. Parlate al cuore di Gerusalemme e gridatele che la sua tribolazione è compiuta.” Cos’era successo? Che il popolo ebreo, in esilio, lontano dalla sua terra (siamo attorno al 700 a.C.), si vide raggiunto da un annuncio straordinario, l’annuncio della fine di quell’epoca tanto triste. Dio volle dire in quella circostanza: Popolo mio, amato, il tempo della tua tribolazione è finito, ora puoi guardare con fiducia al tuo futuro. Quindi, le due parole “consolate, consolate” stanno per: rincuoratevi, risollevatevi, in alto i cuori, perché il brutto sta per finire e il bello sta affiorando. Proviamo adesso a lasciare quest’epoca lontana, per vedere se pure noi, oggi, abbiamo bisogno di un messaggio simile. Io dico di sì.

Omelia di Venerdì 8 dicembre 2023 - Solennità dell'Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria

Nella Bibbia, il primo racconto in cui è presente Maria è quello che abbiamo appena ascoltato nel Vangelo.
- Quel giorno la prima parola che fu rivolta a Maria fu RALLEGRATI.  Un invito che ci fa dire: Angelo Gabriele, rivolgi anche a noi l’invito a rallegrarci. Ne abbiamo bisogno, perché a volte nelle nostre vite i motivi di afflizione hanno la meglio sui motivi di gioia.
- Se avete fatto caso, nel nostro brano, Maria è colta in ascolto. Il colloquio ‘Angelo-Maria’ parte con l’Angelo che parla e lei che ascolta. Ecco allora un quadretto davanti al quale riflettere: Maria in ascolto. Un giorno, il santo curato d’Ars che arrivava a volte ad ascoltare le confessioni fino a 16 ore al giorno, alla domanda quale fosse il bisogno più grande degli esseri umani, rispose: il desiderio sconfinato di essere ascoltati.

Omelia di Domenica 3 dicembre 2023 - Prima Domenica di Avvento, Anno B

La lettura del Vangelo s’è chiusa con un invito di Gesù chiaro e accorato: Vegliate!
Sappiamo tutti cos’è il vegliare. Vegliare è stare svegli affinché niente di male possa capitare o perché tutto possa svolgersi per il meglio. Veglia l’innamorata che attende l’innamorato; veglia la madre che attende il figlio che tarda ad arrivare dalla discoteca; veglia la mamma sul proprio neonato; veglia la sentinella che scruta in attesa che affiori l’aurora; veglia l'infermiera accanto al malato; veglia il monaco durante la preghiera notturna.

Intervento di don Fernando alla fiaccolata per la pace del 17 novembre

Ho una domanda per me e per tutti: innanzi al tema enorme, mondiale, complicatissimo della pace e della guerra, noi, gruppo di persone che è qui sta sera, cosa mai possiamo dire o fare? Risposta: quando c’è in ballo un bene prezioso, in questo caso il bene della pace, è sempre possibile e doveroso fare qualcosa. In tema di pace tutti possiamo pregare, tutti siam tenuti a tenere pungolati e monitorati i nostri politici, tutti possiamo e dobbiamo essere artefici di pace... nelle nostre case, nei luoghi di lavoro, nelle relazioni e nella nostra vita quotidiana.
Solo che, per essere così, dobbiamo averla dentro, la pace. È dentro di noi che la parte comincia. Scorrendo certe immagini televisive, si nota una contraddizione: tanti manifestano per la pace ma con odio, tanti fanno cortei di pace ma usando slogan non di pace. Ora, una manifestazione in cui c’è dell’odio per questa o quella parte, è una testimonianza di divisione, non di pace. Odio e pace non van d’accordo. Chi manifesta per la pace deve volere il bene di tutte le parti in causa. Ecco perché chi va a manifestare per la pace, deve innanzitutto chiedersi: com’è lo stato di salute della pace dentro di me? Il Papa ha detto che la pace nasce da un cuore nuovo. E’ esattamente così: è l’uomo che uccide, non i missili. Non è il fucile che uccide, ma il dito che preme il grilletto. Non sono le bombe che fanno stragi, ma chi le sgancia o meglio chi ha deciso quello sganciamento. Ecco perché una serata come questa è l’occasione per chiederci: la pace che sto gridando, la pace per cui sto manifestando, la pace che sto supplicando è innanzitutto dentro di me? Il grido di pace che esce dalle mie labbra affonda le radici in un cuore intriso di pace? Diversamente siamo come quelli che parlano di gioia senza gioia o parlano di speranza senza speranza o parlano di amore senza amore. L’altro giorno, parlando con alcuni della Caritas, si diceva: Attenti, si può fare la carità senza carità. Come puoi parlare di gioia col viso cupo? Come puoi parlare di pace con gli occhi carichi di odio? E’ una contro-testimonianza. Concludo: nel ringraziare chi ha promosso questa serata, mi auguro che uno degli scopi del nostro essere qui, sia il capire che finché covano in noi aggressività e rancore, è segno che abbiamo un cuore che ha bisogno di venire sanato.

don Fernando              

 

Omelia di Domenica 26 novembre 2023 - XXXIV Domenica del Tempo Ordinario, Anno A

E’ davanti a noi una delle pagine più belle del Vangelo: ci dice che la vita nostra verrà giudicata sull’attenzione che avremo avuto, o non avuto, verso le persone più bisognose. Gesù fa degli esempi molto concreti e mette in campo sette fasce di persone (è un elenco non esaustivo, ma indicativo): affamati, assetati, stranieri, ignudi, malati, carcerati, morenti. E’ da qui che la Chiesa ha ricavato le sette opere di misericordia corporale (…). Per il Vangelo chi è lontano dal povero è lontano da Dio, chi è lontano dall’ammalato è lontano da Dio, chi ignora il bisognoso ignora Dio, chi colpisce il debole offende Dio. Un antico racconto ebraico dice: se un uomo chiede il tuo aiuto, non gli dire devotamente: ‘rivolgiti a Dio, abbi fiducia, deponi in Lui la tua tribolazione’ ma agisci come se non ci fosse Dio, come se in tutto il mondo ci fosse uno solo che può aiutare quell'uomo, tu solo.

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